Sono queste, cari amici, alcune delle domande che più di frequente mi vengono rivolte. La risposta, nella maggior parte dei casi, è relativamente semplice: ad impedire il reflusso provvede “una valvola” che si trova tra l’esofago e lo stomaco e che blocca la risalita dei succhi gastrici. Quando questa valvola, lo sfintere esofageo inferiore, non si chiude più (per una sua propria debolezza o per la presenza di un’ernia iatale), gli acidi gastrici risalgono provocando bruciore, dolore, tosse, raucedine e palpitazioni, ovvero i sintomi propri della malattia da reflusso gastro-esofageo.
Una corretta alimentazione, un coretto stile di vita e una terapia farmacologica ben calibrata possono contenere i sintomi e permettere una qualità di vita soddisfacente. Quando però tutto questo non è sufficiente può essere presa in considerazione la terapia chirurgica. Si tratta di interventi mini-invasivi, eseguiti per via laparoscopica, “con i buchetti”, che sono generalmente ben tollerati dai pazienti.
Il consiglio più importante, però, è quello di non affrontare con superficialità questa patologia, ma di rivolgersi sin da subito al proprio medico per un corretto inquadramento diagnostico (gastroscopia, manometria esofagea, pH-impedenziometria) e una corretta strategia terapeutica.
Meglio evitare i “fai da te”!